Contributi indispensabili

Gennaio 2008. Fra i molti benefici, l’inarrestabile diffusione dell’Alta Definizione sta procurando una serie di “effetti collaterali”.
Alla base di tutto c’è l’inevitabile necessità di adeguare l’impianto audio-video ogni qual volta si cerca di abilitarlo ad una nuova tecnologia di riproduzione.
E a livello hardware l’High Definition non fa eccezioni, coinvolgendo molteplici prodotti, dal televisore al proiettore, passando per decoder, lettori di dischi, computer e così via. Tutti apparecchi che per poter “parlare” correttamente il linguaggio del nuovo standard di riferimento qualitativo non soltanto devono risultare compatibili con esso, ma necessitano anche di essere reciprocamente collegati in modo opportuno.

E qui arriviamo agli “effetti collaterali” di cui sopra.
Ad esempio, se frapponiamo un apparecchio come uno scaler fra un decoder e uno schermo piatto HD Ready e compatibile con il nuovo protocollo HDCP per la protezione digitale dei contenuti, potremmo verificare la sopravvenuta impossibilità di visionare immagini in Alta Definizione.
La ragione? L’incapacità dello scaler di gestire in modo appropriato il segnale HDCP “in transito” all’interno dei suoi circuiti.

Soluzioni semplici a problemi complessi
Ed ancora, i possessori di proiettori a tre tubi catodici, a lungo la massima espressione di qualità visiva nell’ambito dell’Home Cinema, hanno constatato la frequente impossibilità di riprodurre contenuti HD, e ciò perché la stragrande maggioranza del materiale in High Definition viene veicolato attraverso prese digitali che non esistono nei proiettori tri-tubo. Un ulteriore esempio riguarda il flusso dell’audio digitale, che nei collegamenti HDMI viaggia insieme all’informazione video.

Che cosa fare, dunque, se il display deputato a riprodurre le immagini HD in virtù del suo ingresso HDMI non è dotato di altoparlanti?
Una serie di esempi, quelli visti, che ci mostrano come, oltre a deliziarci gli occhi, l’Alta Definizione può sparigliare le carte all’interno di un qualsiasi impianto Home Cinema.
Per fortuna che, come spesso accade nell’elettronica di consumo, se insorge un problema c’è poi qualcuno che si adopera per risolverlo. In questo caso la soluzione sta in una nuova generazione di componenti che gestiscono, a vario titolo, la connettività fra i vari apparecchi.

Ruoli specifici
Ma quali sono le principali famiglie in cui possono essere inseriti questi componenti di ultima generazione?
In termini generali si può parlare di tre grandi gruppi, anche se lo stesso apparecchio può avere caratteristiche appartenenti all’uno e all’altro.

Troviamo i distributori del segnale digitale HD (protetto dal protocollo HDCP) che convogliano più ingressi verso un’unica uscita (switcher), o moltiplicano un segnale in ingresso su più uscite (splitter), od ancora fanno entrambe le cose consentendo la visione contemporanea su più display di segnali provenienti da diverse sorgenti video (matrici).

Un altro gruppo comprende gli extender del segnale HD, il cui utilizzo è dettato dalla necessità di far pervenire il segnale video ad un riproduttore posto ad una considerevole distanza dalla relativa sorgente. Una situazione (stiamo parlando di tratti superiori ai 15 metri) nella quale l’utilizzo di un lunghissimo cavo HDMI o DVI comporterebbe perdite di qualità nella trasmissione del segnale digitale.
Da qui l’utilizzo degli estensori, che trasformano il flusso del segnale per farlo viaggiare all’interno dell’appartamento attraverso un cavo di rete o in fibra, salvo poi riportarlo alla situazione originaria per riprodurlo attraverso un ingresso HDMI o DVI.

Segnali convertiti
Esiste, infine, una terza famiglia di prodotti, il cui utilizzo può suscitare alcune perplessità a livello di normative e che viene principalmente in soccorso ai possessori di apparecchi analogici (vedi il precedente esempio relativo ai possessori di proiettori tri-tubo) desiderosi di visualizzare comunque immagini in Alta Definizione provenienti da sorgenti con la sola uscita digitale.

In tal caso si parla di converter, componenti che trasformano lo streaming da digitale in analogico eliminando, di fatto, la protezione HDCP che può esistere soltanto per segnali espressi in bit. L’uovo di Colombo? Per taluni aspetti sì, anche se restano le menzionate perplessità sul criterio di funzionamento dei converter, che si pongono ai limiti della legge, se non addirittura oltre. La normativa italiana vieta la rimozione di meccanismi posti a protezione dei contenuti, anche se sull’altro piatto della bilancia i possessori di apparecchi analogici possono mettere il loro buon diritto ad usufruire di contenuti regolarmente acquistati.

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